Le Reti

GRUPPO SIPED COMPETENZE

GRUPPO SIPED
COMPETENZE: MODELLI PEDAGOGICI E STANDARD EUROPEI


La competenza – nella sua essenza – è la capacità di un soggetto di combinare potenzialità (da qui la dimensione della plasticità/evolutività), partendo dalle risorse cognitive, emozionali e valoriali a disposizione (saperi, saper essere, saper fare, saper sentire) per realizzare non solo performance controllabili, ma anche intenzionalità verso lo sviluppo di obiettivi che possono essere propri e della propria organizzazione. Si tratta, in altri termini, della «capacità di mobilitare progettualità» in azioni concrete, rilevabili ed osservabili (cioè «saperi in azione»).

Nel decreto del gennaio 2013, la competenza è rappresentata come «comprovata capacità di utilizzare – in situazioni di lavoro, di studio e nello sviluppo professionale e personale – un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale ed informale» .
Lo schema di decreto legislativo sulla validazione degli apprendimenti non formali ed informali e sugli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze focalizza l’attenzione sulle norme ed i sistemi per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti formali ed informali e quindi va considerato indubbiamente un passo in avanti significativo relativamente ad un percorso ormai ampio – anche se discontinuo – che negli ultimi anni ha finalmente dato concretezza ad un tema consolidatosi sia a livello nazionale che europeo e poi codificato anche con la raccomandazione del Consiglio europeo del 20 dicembre 2012 (2012/C 398/01) in tema di convalida delle conoscenze, abilità e competenze acquisite mediante l’apprendimento non formale ed informale.

Sul tema “competenza” si dispone attualmente sia in ambito pedagogico che psicologico di una letteratura molto ampia ed articolata. Ma allo stato attuale occorre fare i conti con i dispositivi ECVET ed EQF ed, al di là degli approcci teorici classici, coniugare la rappresentazione concettuale condivisa nei documenti europei con prospettive di sperimentazione e ricerca. La “qualifica” – inoltre – rappresenta il risultato formale di un processo di validazione dei risultati conseguiti da una persona con la definizione di standard precisi all’interno delle differenti articolazioni della qualifica stessa.

Alcuni studi (Cfr. il progetto PIAAC, ad es.) evidenziano le ricadute positive sui lavoratori dei percorsi formativi svolti sui luoghi di lavoro (workplace training). Gli apprendimenti informali contribuiscono alla costruzione delle competenze mentre la perdita e il declino di queste ultime può annullare tutti i vantaggi derivanti da precedenti percorsi educativi e formativi anche di qualità. Considerare soltanto i risultati e gli esiti educativi e formativi di tipo formale, e non l’area degli apprendimenti informali secondo l’OCSE, limiterebbe molto la valutazione del capitale umano.


Il Gruppo intende sviluppare momenti di riflessione e di progettualità rispetto ai seguenti punti:

a) analizzare forme e strumenti – pedagogicamente fondate – di realizzabilità di quanto previsto dal Decreto del Dicembre 2013, rispetto, ad esempio, alla riconoscibilità degli apprendimenti informali.
b) proporre una mappatura dei risultati di ricerca più rilevanti emergenti dalla rete Siped in merito al tema delle competenze nell’ottica sopra descritta
c) proporre un position paper rispetto al tema del riconoscimento delle competenze in riferimento al dibattito in corso sulle qualifiche e sui sistemi EQF/ECVET, in grado di dare indicazioni agli attori istituzionali (Ministero del Lavoro, Isfol, Cedefop).
d) promuovere seminari di studio a livello nazionale per incrementare tra i giovani ricercatori e dottorandi una “cultura delle competenze”.

RUPLO - Rete Nazionale di Pedagogia del Lavoro

Direttore Scientifico Nazionale
Prof.ssa Giuditta Alessandrini

Approvato dal Consiglio Direttivo della SIPED (Società Italiana di Pedagogia) in data 2 Aprile 2009.


La pedagogia del lavoro – pur codificata come area disciplinare autonoma - da tempo sta attraversando un momento di particolare interesse per diversi motivi: il consolidarsi dell’attenzione in ambito europeo sui temi della formazione, l’emergere di scenari di maggiore complessità rispetto al passato relativamente alle trasformazioni del Diritto del Lavoro, la presenza di nuovi temi legati ai nuovi scenari del lavoro, della connettività, del lavoro di team, della multiculturalità, la focalizzazione da parte della letteratura sulle nuove forme di esclusione, il mobbing, la precarietà, la nascita di nuove professioni relative all’area delle risorse umane e della formazione, l’apparire soprattutto nelle generazioni più giovani di nuovi stili/modelli di lavoro meno formali e più attenti alla salvaguardia del benessere personale, ed all’autonomia.
La ricerca vuole costituire un’occasione per ridefinire gli ambiti di studio e di sperimentazione della disciplina sia per quanto riguarda le dimensioni prettamente accademiche che quelle più generali ed aperte alla società civile, in una prospettiva che non sia autoreferenziale ma che si ponga nell’ottica del dialogo con le altre importanti e più consolidate discipline che si occupano di lavoro, dall’ economia al diritto del lavoro ecc.
La R.U.P.L.O. si pone l’obiettivo di ridisegnare i confini epistemologici e gli spazi di possibili contributi alla società civile della Pedagogia del lavoro considerando i tanti ed interessanti nuovi motivi di riflessione teorica ed empirica anche per le nuove generazioni di studiosi, dottorandi e ricercatori.

La Rete Universitaria di Pedagogia del Lavoro e delle Organizzazione, nasce con il peculiare obiettivo di condurre un’indagine sull’offerta formativa e sulla didattica relativa agli insegnamenti di pedagogia del lavoro e delle organizzazioni nelle diverse Università italiane (programmi curriculari, bibliografie ecc.).
La composizione accademica della Rete R.U.P.L.O. è finalizzata a costruire un ponte tra le attività accademiche di ricerca/didattica e il sistema delle pratiche di formazione presenti sul territorio, al fine soprattutto di agire sulla qualità dei profili professionali dei formatori che intervengono nelle differenti istituzioni che si occupano di pedagogia del lavoro e di formazione degli adulti lavoratori nonché a definire raccordi più sinergici tra percorsi formativi, profili professionali e mercato del lavoro.
L’obiettivo è anche quello di offrire – attraverso un quadro ricognitivo accurato e una lettura interpretativa delle variabili quantitative e qualitative rilevate – suggerimenti utili per la definizione di interventi di politica istituzionale che a differenti livelli (da quello nazionale a quello locale) intervengono per orientare la ricerca teorica/metodologica sulla pedagogia del lavoro e delle organizzazioni nelle sue diverse declinazioni.

Il monitoraggio riguarderà i corsi di studio attivati nell’ambito delle classi di laurea triennale 18 (Scienze dell’educazione e della formazione) e specialistica LS 65 (Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua) perché più attinenti all’ambito della formazione permanente e della pedagogia del lavoro, pur non tralasciando, in fase di ricognizione generale, alcuni altri corsi di studio affini nonché alcuni master e dottorati di ricerca.
A fronte di un rapido ed esteso ampliamento degli studi e delle politiche sociali e formative rivolte agli adulti in situazione professionale, la ricerca vuole offrire una prima lettura, il più esaustiva possibile, della risposta del mondo accademico.
A tale riguardo va sottolineato come nello spazio di pochi anni la pedagogia del lavoro abbia conquistato spazi autonomi di legittimità scientifica, come è visibile, ad esempio, nell’aumento progressivo di cattedre e di moduli all’interno di altri insegnamenti come Educazione degli Adulti o Pedagogia Sociale, che a loro volta hanno avviato, sia sul piano della ricerca che della didattica, numerose iniziative specificamente “dedicate” ai temi della formazione continua e del lavoro.
A partire da una prima ricognizione, la ricerca individuerà alcuni specifici oggetti di indagine:
1. il numero e le differenti denominazioni dei corsi di studio riferiti a figure o funzioni professionali assimilabili al formatore in età adulta sul territorio nazionale;
2. i curricula relativi;
3. le discipline di base e caratterizzanti i differenti curricula e i vari collegamenti con altre discipline che si occupano del mondo del lavoro (economia, psicologia, diritto, sociologia ecc.).
4. i contributi alle attività istituzionali di ricerca (Prin, Firb, Progetti FSE, VII Programma Quadro ecc.).
I risultati attesi dalla ricerca saranno funzionali ad un monitoraggio qualitativo dell’offerta formativa universitaria anche al fine di definire meglio i profili professionali e le competenze richieste per le figure che operano nell’ambito della Formazione Continua e della Pedagogia del Lavoro.




ForDiM - Osservatorio sul diversity management

Direttore Scientifico Nazionale
Prof.ssa Giuditta Alessandrini


L’Osservatorio sulla Formazione al diversity management (ForDiM) è stato attivato all’interno del Centro di Ricerca «Formazione Continua & Comunicazione» che è diretto dalla prof.ssa Giuditta Alessandrini ed è nato dall’esperienza pluriennale sia attraverso il Laboratorio di Apprendimento Organizzativo e Comunicazione LAOC (www.laoc.eu) sia nell’ambito della ricerca in campo formativo svolta nel Dipartimento di studi dei processi formativi, culturali e interculturali nella sociatà contemporanea fin dalla metà degli anni Novanta con l’obiettivo di realizzare attività di ricerca teoricoapplicativa nell’ambito della formazione nelle organizzazioni.
Nell’ambito del Centro di Ricerca trovano spazio le iniziative legate alla didattica, con assegnazione di tesi su argomenti oggetto di ricerca e di approfondimento, nell’ambito della laurea triennale/magistrale e master.
Il Centro di Ricerca sviluppa partnership con enti e istituzioni pubbliche e private, sia a livello nazionale che europeo, anche in riferimento alle attività didattiche e di ricerca del Master GESCOM (www.master-gescom.it).

Tra le tante attività del CEFORC (Centro di ricerca formazione continua e comunicazione) riveste una maggiore importanza l’Osservatorio sulla Formazione al diversity management (ForDiM) che vuole promuovere il confronto sui temi legati alla diversità e sviluppare uno specifico know how sulla gestione delle diversità, intese in termini di genere, fasi del ciclo di vita, cultura e abilità, per favorire il dibattito e il confronto nel mondo aziendale e non. Lavorare sul tema della diversità oggi significa riflettere sui
cambiamenti che coinvolgono la società della conoscenza nel suo complesso e costruire nuovi paradigmi per la gestione delle risorse umane. Per tale motivo, l’Osservatorio ForDiM sviluppa progetti di ricerca con l’applicazione di metodologie ad hoc in grado di interpretare le problematiche aziendali e di suggerire linee di intervento da seguire.

L’Osservatorio ForDiM si fonda, inoltre, sulla partnership e sulla collaborazione con diverse istituzioni creando un dialogo costruttivo sulle differenti visioni del concetto della diversità per arrivare a una reale condivisione del sapere tra gli attori coinvolti nelle azioni di formazione e ricerca. È infatti un network di organizzazioni sia pubbliche che private, che hanno nella loro missione la gestione della diversità.
L’Osservatorio ForDiM ha attivato, inoltre, partnership con diversi organismi internazionali (UNESCO, UNDP, Action Aid ecc.) per la promozione e divulgazione di un dibattito sui temi della diversità basato su innovative metodologie di ricerca.

Gli obiettivi dell’Osservatorio ForDiM:
- Sviluppare ricerche sul tema del DM e gender equality in collaborazione e/o su committenza di aziende e pubbliche amministrazioni;
- Sviluppare attività formative anche relative a progetti di formazione finanziate dai Fondi Strutturali;
- Collaborazioni a ricerche internazionali;
- Sviluppo di ricerche ed interventi sul tema del gender studies;
- Ricerca sul tema smart working e work-life balancing.