TESI DI LAUREA DICEMBRE 2014

BELLARDINI Danilo

L’agente immobiliare.
Da intermediario della vendita a garante dell’intermediazione: Un profilo da (ri)definire
Corso di laurea FSRU

Martedì 9 dicembre 2014


Uno straordinario ritardo nell'aggiornamento legislativo che regola l'attività degli agenti immobiliari, lasciando ampio spazio per una varietà di comportamenti, ha fatto sì che l'agente immobiliare venisse percepito in modo non professionale. I consumatori di oggi richiedono specifici requisiti affinché un agente immobiliare possa essere considerato professionale; competenza, affidabilità, pazienza, gentilezza e la capacità di comprendere i bisogni della clientela sono le caratteristiche considerate più importanti. Questa tesi, che si basa su un'analisi qualitativa e quantitativa, cerca di definire un nuovo profilo che possa far emergere queste dimensioni ed allo stesso tempo aumentare l'employability e facilitarne la mobilità all'interno dell'Europa.


INDICE
1. Introduzione

2. Scenario
2.1 L'agente immobiliare
2.2 La crisi attuale: cosa ha provocato l'immobilismo delle vendite

3. La funzione di mediazione immobiliare e l'evoluzione
del quadro normativo
3.1 Il quadro legislativo di riferimento
3.2 Effetti del decreto Bolkenstein
3.3 Una via alternativa. La norma UNI

4. Il progetto
4.1 Il perché del progetto
4.2 Metodologia e strumenti di rilevazione

5. I risultati dell'indagine qualitativa

6. L'indagine quantitativa
6.1 Un'esplorazione del mercato
6.2 I risultati

7. L'indagine qualitativa e l'indagine quantitativa: un confronto

8. La (ri)definizione del profilo

9. Una finestra sugli U.S.A. e l'Europa
9.1 In Europa
9.2 Negli U.S.A.

10. Una (ri)definizione del profilo futuro .......... vicino


Conclusioni
Allegati
Bibliografia
Sitografia
Ringraziamenti

GIORGI Pierluigi

La selezione del personale nelle aziende di medio-grandi dimensioni: il caso Wind e Prada
Corso di Laurea FSRU

Martedì 9 dicembre 2014


Il lavoro si propone di analizzare l’evoluzione della funzione di management delle risorse umane negli ultimi anni. Questa funzione è stata caratterizzata da una significativa evoluzione da strumento amministrativo a strumento strategico delle
organizzazioni aziendali. Oggi, infatti, l’obiettivo della gestione delle risorse umane è quello di assicurare che essa generi valore per l’impresa.
Il lavoro, in particolare, intende esaminare lo sviluppo delle strategie di HR management nel corso dell’attuale crisi finanziaria ed economica. L’attenzione si focalizza sul reclutamento del personale in due società, Wind e Prada, allo scopo di chiarire le strategie di entrambe nella gestione delle risorse umane. Attraverso quest’ analisi, ci si propone di valutare i diversi approcci nell’ambito della ricerca, della valutazione, della selezione e delle relazioni con i neoassunti.
La sfida posta dall’attuale crisi economica, infatti, viene utilizzata da molte imprese per ripensare e rimodulare la natura e le caratteristiche delle strategie di gestione delle risorse umane. La crisi, in particolare, è una significativa occasione per ridefinire l’attività dell’Ufficio personale (sino ad oggi caratterizzato da approcci service-oriented) in una chiave di maggiore centralizzazione e importanza strategica. Questa fase viene valorizzata, inoltre, non solo per una riorganizzazione dimensionale e diretta a una riduzione dei costi operativi, ma soprattutto come una chance di riorientamento innovativo e di sviluppo organizzativo.
L’analisi è articolata in tre capitoli. La prima sezione prende in esame l’evoluzione e le caratteristiche del recruitment e i principi dello strategic human resource management formulati dalla letteratura internazionale. Il secondo capitolo si sofferma sul ruolo della direzione del personale nello sviluppo delle risorse umane. Infine il terzo capitolo mette a confronto le caratteristiche e le politiche del personale di Wind e Prada. L’obiettivo è quello di evidenziare le caratteristiche della Direzione del personale e le scelte operative messe in atto nella selezione, valorizzazione e formazione delle risorse umane in Wind e Prada.


INDICE
Introduzione

1. La selezione del personale: evoluzione e teorie
1.1. La nozione di “selezione del personale”
1.2. L’evoluzione delle prassi di selezione del personale: dagli anni ‘60 agli anni ‘90
1.3. La selezione del personale nel nuovo millennio
1.4. Il ruolo dell’e-recruitment

2. La configurazione dell’ufficio del personale e la formazione dei neo-assunti
2.1. L’ufficio del personale nelle aziende italiane
2.2. Le caratteristiche dei HR manager e il ruolo della Direzione
2.3. L’organizzazione della selezione del personale
2.4. La programmazione del personale e la sua valorizzazione
2.5. Il ruolo della formazione

3. La selezione del personale in due grandi imprese italiane: Wind e Prada
3.1. La fisionomia delle due aziende
3.2. Gli strumenti e le modalità di selezione del personale in Prada: l’employer branding
3.3. Gli strumenti e le modalità di selezione del personale in Prada: il people management

Conclusione: i due casi a confronto
Bibliografia

PIERINI Annalisa

Prospettive di sviluppo dei Centri per l’Impiego nel contesto delle Politiche Europee, in particolare riferimento allo Youth Guarantee
Corso di Laurea FSRU

Martedì 9 dicembre 2014


La tesi cerca di ricostruire quali siano le problematiche dei Centri per l’Impiego italiani, e lo fa mettendoli anche a confronto con quelli europei, che poggiano su una struttura più solida. Partendo da queste considerazioni, si cerca di analizzare come si stia muovendo il nostro paese per rivedere i nostri Servizi per l’Impiego. Si cercherà di capire come l’Agenzia Nazionale per l’Impiego, contenuta nel testo del Jobs Act, possa riorganizzare il mercato del lavoro italiano. La seconda parte è invece tutta dedicata alla “Garanzia Giovani”, il Progetto dell’Unione Europea per contenere la disoccupazione giovanile, in cui i Servizi per l’Impiego pubblici e privati ricoprono un importante ruolo; occasione per loro per rimettere mano al loro funzionamento, potenziandone i servizi, per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Sono state fatte delle riflessioni critiche su come procede il Progetto, ma anche sulla sua utilità per contrastare la disoccupazione giovanile, attraverso la consultazione di articoli o libri di esperti del settore, ma anche attraverso delle interviste semi strutturate a Enti che hanno contribuito alla sua realizzazione.


INDICE
Introduzione

Primo capitolo
Riflessioni e criticità sui Centri per l’Impiego
1. Tendenze dei Servizi pubblici per l’Impiego in Europa
1.1 Investimento economico e impegno organizzativo
1.2 Il personale dei SPI
1.3 Ruolo degli SPI e APL nella ricerca di lavoro
2. Funzione dei Servizi per l’Impiego in Italia
2.1 Politiche del lavoro in Italia
2.2 Il centro per l’impiego come presidio per il welfare territoriale: la presa in carico e le condizioni per lo Youth Guarantee
2.3 Gli obiettivi
2.4 Efficacia dei Servizi per l’impiego
3. Dalla Struttura di Missione all’Agenzia Nazionale per l’Impiego
3.1 Organizzazione dei servizi dell’impiego in Europa

Secondo Capitolo
Nuove prospettive con lo Youth Guarantee
1. Il contesto occupazionale Italiano e Europeo
2. La Raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione della Youth Guarantee
3. La Youth Guarantee in Europa
4. Il lavoro della Struttura di Missione
5. Il Piano di attuazione Italiano della Garanzia per i Giovani
5.1 Primi interventi normativi
5.2 Destinatari
5.3 Risorse
5.4 Misure previste dal piano
5.5 Azioni propedeutiche all’offerta di servizi specialistici da svolgere presso i centri di contatto
5.6 Misure offerte
5.7 Le schede delle misure
5.8 Il monitoraggio
6. I dati sulla Garanzia Giovani
6.1 La partenza
6.2 I risultati
7. Il portale Garanziagiovani.it
8. I Piani Regionali
8.1 Il lavoro dei Centri per l’Impiego e delle Agenzie del Lavoro. L’esempio della Regione Lazio

Allegati
1. Le Interviste
2. Raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per Giovani
3.Piano di attuazione italiano della Garanzia per i Giovani

Bibliografia

LIPPOLIS Martina

COMUNITÀ DI PRATICA E SVILUPPO PROFESSIONALE NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA: UNA RICERCA QUALITATIVA SUGLI INSEGNANTI NEOASSUNTI
Corso di Laurea SPE-SEAFC

Giovedì 4 dicembre 2014


Quando le persone si confrontano tra loro, parlando di problemi delle loro pratiche di lavoro, cercando di risolverli in maniera efficace, e condividendo le soluzioni trovate, creano un reticolo relazionale identificato con il nome di “comunità di pratica”.
Partendo da un excursus sul quadro teorico di tale costrutto interpretativo, in particolare nel contesto dell’autonomia scolastica, ho preso in esame le competenze e lo sviluppo professionale dei docenti; focalizzando la mia attenzione sugli insegnanti neoassunti e sul dirigente scolastico come leader educativo. Il contesto scolastico attuale può presentarsi come un ambiente fertile per lo sviluppo di comunità di pratica, in particolare per la caratteristica insita nella professione docente, dotata di sensibilità all’interscambio e alla continua cooperazione.
È importante considerare la rilevanza di questo tema a livello internazionale; la ricerca statunitense di Baker-Doyle e Yoon ad esempio, ha utilizzato un’analisi del Social Network come strumento metodologico di rilevazione delle reti sociali sviluppate dai docenti.
Ho avuto l’opportunità di prender parte alle operazioni di ricerca relative al progetto dal titolo “Comunità di pratica e leadership diffusa nella scuola dell’autonomia”, cofinanziata dal Dipartimento di Studi dei processi formativi, culturali e interculturali nella società contemporanea per il biennio 2011-2013; con la collaborazione del Centro di Ricerca CEFORC, “Formazione Continua & Comunicazione”, coordinato dalla Prof.ssa G. Alessandrini. Il contesto entro il quale è stato elaborato il progetto rientra in un’attività di ricerca sviluppata all’interno del Dipartimento di Scienze della Formazione di Roma Tre, al fine di rilevare alcune delle rappresentazioni e convinzioni professionali di un campione di docenti assunti in ruolo negli ultimi anni.
L’ipotesi operativa che guida la ricerca è così definita: “Nel contesto di una scuola autonoma la dirigenza scolastica che orienta la propria azione assumendo prevalentemente o esclusivamente un approccio di leadership diffusa, consente - più di altre modalità di conduzione - di individuare spazi e tempi funzionali a riconoscere, supportare e sviluppare le comunità di pratica. Lo sviluppo di tali ambienti di apprendimento può garantire condizioni migliori di condivisione e co-progettazione all’interno dell’organizzazione scolastica”. Sono stati intervistati 23 docenti neoassunti che hanno confermato la scuola dove hanno svolto l’anno di formazione. Ho lavorato sulle trascrizioni delle interviste, procedendo con un’analisi computer-assistita, grazie all’utilizzo del software per l’analisi qualitativa NVivo 10.0. Il programma NVivo si delinea come un adeguato sostegno per gestire ed archiviare i dati raccolti, analizzare ed interpretare i molteplici materiali e dati prodotti in un percorso di ricerca qualitativa; si presenta come un software polivalente in quanto possiede la capacità di immagazzinare numerose e molteplici informazioni, di facilitare la classificazione e di gestire i collegamenti tra archivi differenti e tra questi e i rispettivi contenuti.
Il mio interesse principale, sul quale ho focalizzato l’analisi delle interviste, è stato quello di studiare gli scambi dei neoassunti con gli altri docenti, per indagare gli spazi e i tempi formali e informali, con l’obiettivo di verificare l’esistenza di “tracce” di comunità di pratica all’interno della scuola.


INDICE
Introduzione

Capitolo primo: Comunità di pratica nel contesto della scuola dell’autonomia
1.1 Il concetto di comunità di pratica
1.1.1 L’apprendimento come pratica sociale
1.1.2 Peculiarità delle comunità di pratica
1.1.3 Processi di partecipazione periferica legittimata
1.2 L’autonomia scolastica
1.3 Comunità di pratica nella scuola dell’autonomia
1.4 La scuola inclusiva e la progettazione condivisa

Capitolo secondo: Sviluppo professionale degli insegnanti neoassunti
2.1 Competenze e sviluppo professionale dei neoassunti
2.2 Esigenze formative degli insegnanti
2.3 Clima interno alla scuola
2.4 La leadership diffusa del dirigente scolastico

Capitolo terzo: Il progetto di ricerca qualitativa “Comunità di pratica e leadership diffusa nella scuola dell’autonomia”
3.1 La ricerca qualitativa
3.2 L’analisi computer-assistita: NVivo, una risorsa metodologica
3.2.1 Le caratteristiche del software NVivo 10.0
3.3 Ipotesi ed obiettivi del progetto di ricerca “Comunità di pratica e leadership diffusa nella scuola dell’autonomia” 3.3.1 Gli strumenti utilizzati e la metodologia
3.4 L’analisi dei dati con l’utilizzo del software NVivo 10.0

Considerazioni conclusive
Allegato: Il software Nvivo 10.0
Bibliografia
Sitografia
Ringraziamenti

NERONE Alessandra

LA DIVERSITÀ CULTURALE: VALORE E RICCHEZZA PER LO SCAMBIO E LA CRESCITA UMANA
Corso di laurea SPE-SEAFC

Giovedì 4 dicembre 2014


La tesi affronta il tema della diversità culturale come problema centrale nella società contemporanea, la società della globalizzazione, degli intensi fenomeni migratori e del conseguente multiculturalismo e delle aspirazioni all’interculturalismo, del trionfo della tecnica e delle logiche del profitto capitalistico liberistico più sfrenato, della ricerca universale del benessere e della felicità ma anche della crisi, anzi della scomparsa, del lavoro e della crisi delle tradizionali ed anche consolidate politiche di welfare state in tutti i paesi più avanzati.
Essa è costituita da una prima parte – dedicata all’analisi teorica del tema – e da una seconda parte – consistente in un progetto di ricerca sul campo.
In sostanza, il lavoro nasce dall’ipotesi – come è indicato nel titolo – che la diversità culturale, più che essere un problema e una difficoltà per le società contemporanee - come, purtroppo, viene spesso avvertito nel comune e semplicistico sentire dell’opinione pubblica – rappresenti in realtà un grande valore e una risorsa fondamentale per promuovere in tutte le società il cambiamento e l’arricchimento culturale, il progresso sociale ed economico, e, soprattutto, la crescita delle qualità più specificamente “umane” – l’altruismo, il solidarismo, l’eticità dei rapporti socio-economici - che devono caratterizzare l’uomo.
Dopo un’analisi accurata, per quanto essenziale, delle principali acquisizioni teoriche che confermano questa ipotesi - che è anche un’aspirazione diffusa nelle componenti più avvertite della società e delle classi dirigenti e culturali, e soprattutto a livello degli Organismi internazionali (come l’ONU e l’Unione Europea) che perseguono fini di convivenza universale fondata sulla pace e sul solidarismo politico ed economico - il lavoro riporta i risultati della ricerca sul campo, attraverso una indagine condotta in due plessi scolastici, risultati che, sostanzialmente, confermano, anche con dati statistici, il valore positivo della diversità culturale e la sua efficacia formativa per la crescita umana e l’arricchimento personale e culturale dei soggetti che entrano in contatto con culture diverse, in un ambiente comunitario e di apprendimento, come appunto è la scuola.
Per quanto riguarda i contenuti, la prima parte - “Il quadro teorico” - si sviluppa attraverso quattro capitoli:
- Il primo capitolo – “La diversità culturale come valore” - illustra le principali linee culturali e politiche che, soprattutto a cavallo del XX e del XXI secolo, cioè negli anni caratterizzati dal fenomeno della globalizzazione, hanno messo in rilievo gli aspetti positivi della diversità culturale, sia sul piano antropologico, economico e politico, sia per quanto riguarda la convivenza internazionale, in quanto la coesistenza di culture diverse è una risorsa educativa e politica per evitare e/o superare i conflitti dovuti ai fenomeni migratori ed ai fondamentalismi ideologici e religiosi; in particolare sono state analizzati i documenti e le politiche dell’UNESCO in materia diversità culturale, politiche tutte incentrate sulla scelta strategica delle pratiche educative come mezzo per promuovere l’incontro, il dialogo e l’ armonizzazione tra culture diverse.
Il secondo capitolo – “La diversità culturale come risorsa per lo sviluppo e l’inclusione sociale” – sviluppa la tesi per cui la diversità culturale, oltre che un valore in sé in quanto fondamento dell’apprendimento collaborativo e della prospettiva sociale dell’intercultura, deve essere considerata come una risorsa essenziale per promuovere lo sviluppo globale del pianeta secondo la prospettiva democratica ed umanistica dell’inclusione sociale. I riferimenti documentari sono rappresentati dalle linee politico-istituzionali dell’Unione Europea, con particolare approfondimento di quelle contenute nel testo di “Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, e dalle principali norme adottate dall’Italia in materia di integrazione e di inclusione sociale e culturale.
Il terzo capitolo - “Formazione delle risorse umane: il diversity management” - affronta il tema del rapporto tra diversità culturale e formazione delle risorse umane. Molta attenzione viene dedicata alla formazione del capitale umano, quale base e condizione per lo sviluppo economico, sociale e politico di ogni paese, ed al contributo che alla formazione continua e permanente del capitale umano può dare la metodologia e la pratica del diversity management, considerato come “lo sviluppo attivo e cosciente di un processo manageriale lungimirante, orientato al valore strategico e comunicativo di accettazione delle differenze e all’uso di alcune differenze e somiglianze come un potenziale dell’organizzazione, un processo che crea un valore aggiunto all’impresa” (Alessandrini, 2010).
Il quarto capitolo - “ L’apprendimento nelle comunità di pratica” - è dedicato allo studio del concetto di “comunità di pratica”, così come è stato ideato dal Wenger e approfondito dalla Alessandrini. La candidata, che è docente nella scuola primaria, dopo aver fatto un breve excursus sulle teorie pedagogiche e didattiche fondate sul concetto di scuola come comunità, in questo capitolo ha ritenuto di rapportare le teorie analizzate alla sua formazione magistrale ed alla sua esperienza professionale, pervenendo alla convinzione che la scuola italiana, per come attualmente è configurata sul piano pedagogico-normativo e per come è oggi impegnata in un grande quanto difficile tentativo di rinnovamento, potrebbe trarre un grande vantaggio se la metodologia della “comunità di pratica” entrasse con piena consapevolezza sia nella formazione iniziale e continua dei docenti di ogni grado di scuola, sia nella organizzazione degli spazi e dei metodi didattici della scuola stessa. La comunità di pratica costituisce un efficace laboratorio per l’integrazione delle competenze e delle diversità, ma anche per rendere possibile una didattica fondata sull’apprendimento cooperativo e creativo, capace di promuovere la formazione di soggetti autonomi e responsabili, competenti e dotati di spirito critico e creativo.
La seconda parte - “La ricerca empirica” - illustra i risultati del progetto di ricerca sul campo realizzata sia con gli alunni e sia con i docenti di alcune scuole primarie in un contesto sociale caratterizzato da intensi flussi migratori. Con gli alunni è stato adoperato lo strumento elaborato dalla studentessa Nerone Alessandra il “Questionario alunni”; con i docenti , invece, è stato usato lo strumento operativo elaborato dal Centro di Ricerca Formazione Continua e Comunicazione (CEFORC) di RomaTRE: la scheda di rilevazione fornita dal CEFORC è risultata, in realtà, molto utile per cogliere e documentare l’atteggiamento morale e culturale dei soggetti operanti in un contesto comunitario come la scuola di fronte alla presenza di culture diverse. I dati confermano l’ipotesi formulata nel titolo della tesi e studiata sul piano teorico nella prima parte: tutti gli intervistati si pongono in termini positivi, di accettazione e di interesse a capire, di fronte ai soggetti di cultura diversa, e traspare in essi la consapevolezza di un percorso di integrazione e di inclusione che stanno percorrendo insieme, pur in un contesto sociale esterno alla scuola che non presenta la stessa armonia e lo stesso clima favorevole, a causa di generali carenze nelle condizioni di lavoro e nei servizi sociali.
La scuola, per svolgere al meglio la sua “innata” funzione di istituzione deputata all’integrazione culturale ed all’inclusione sociale, deve darsi un assetto organizzativo e deve adottare metodi didattici adeguati a queste sue specifiche finalità: tali metodi didattici e assetti organizzativi sono efficacemente presenti sia nel diversity management, sia nella “comunità di pratica”.


INDICE
Introduzione


Parte prima: Il quadro teorico

Capitolo I - La diversità culturale come valore
I.1. Premessa
I.2. L’UNESCO sulla diversità culturale
I.3. Globalizzazione e multiculturalismo
I.4. Significati di “diversità”
I.5. La “pedagogia” dell’UNESCO

Capitolo II – La diversità culturale come risorsa per lo sviluppo e l’inclusione Sociale
I.1. Premessa
II.2. La strategia europea per lo Sviluppo integrato e inclusivo
II.3. Il ruolo dell’Università per la crescita civile e democratica di tutti i cittadini
II.4. UE 2020: una strategia per una crescita intelligente,
sostenibile e inclusiva

Capitolo III - Formazione delle risorse umane: il diversity
management a sostegno dell’inclusione
III.1. Premessa
III.2. Capitale umano, capitale intellettuale e capitale relazionale
III.2.1. Concetto di “capacità” nel pensiero di Amarthya Sen e Martha Nussbaum
III.3. Qualità della formazione e capitale umano. Il valore delle competenze
III.4. Il “Diversity Management” a sostegno dell’inclusione

Capitolo IV - L’apprendimento nelle “comunità di pratica”
IV.1. Premessa
IV.2. Comunità di pratica: definizione e caratteristiche
IV.3. La comunità di pratica come laboratorio per l’integrazione delle competenze e delle diversità
IV.4. La scuola come comunità di pratica
IV.4.1. La concezione comunitaria della scuola
IV.4.2. La scuola come comunità di pratica e di apprendimento


Parte seconda: La ricerca empirica

Capitolo V - Indagine sulle modalità di percezione dell’altro
diverso da sé e sui modi in cui viene condivisa l’esperienza
quotidiana, scolastica ed extrascolastica
V.1. Premessa
V.2. Il contesto di riferimento
V.3. Ipotesi, obiettivi generali e specifici
V.4. Il campione
V.5. Lo strumento e le analisi statistiche
V.6. La procedura
V.7. La metodologia
V.8. I risultati
V.8.1. La diversità dal punto di vista degli alunni
V.8.2. La diversità dal punto di vista degli insegnanti
V.8.3. Considerazioni finali


Conclusioni
Bibliografia
Sitografia

Allegati
Allegato 1 Carta delle università europee sull’apprendimento
Permanente
Allegato 2 Questionario del CEFORC
Allegato 3 Questionario Alunni