TESI DI LAUREA LUGLIO 2018

ALBERGO Vanessa

La formazione 4.0: un’esperienza didattica universitaria


Giovedì 5 Luglio 2018


L’introduzione di nuove soluzioni tecnologiche in grado di migliorare le condizioni di lavoro e di aumentare produttività e qualità degli impianti, creando collaborazione tra operatori, macchine e strumenti, infrastrutture informatiche e sistemi per la gestione intelligente dei consumi energetici, ha dato vita ad una quarta rivoluzione industriale, ovvero alla cosiddetta industria 4.0. Tra le innovazioni dell’industria 4.0 rientra lo smart working, il quale implica autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti di lavoro e responsabilizza i lavoratori sui risultati, con la possibilità di prestazione del lavoro in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali. Tale nuovo contesto lavorativo smart richiede complessi metodi di apprendimento e formazione e processi di sperimentazione che si fondano anche sulla sfera creativa del lavoratore e sulla sua capacità di autoregolazione. Cambiano pertanto gli obiettivi e i metodi della figura del formatore, con la necessità di creare processi di apprendimento flessibili e variegati e di spostare l’attenzione verso l’E-learning, ovvero verso l'uso delle tecnologie multimediali per facilitare l'accesso alle risorse e ai servizi, gli scambi in remoto e la collaborazione a distanza. Apprendere attraverso le tecnologie di rete implica forti modifiche sulla formazione: non è sufficiente trasferire metodologie e contenuti di studio tradizionali su ambiente E-learning ma è necessaria una strategia didattica volta a superare vincoli di tempo e spazio. Questo può richiedere l’utilizzo di strumenti quali corsi virtuali, webinar, forum, mediateca, documenti condivisi/collaborativi, sondaggi, e integrazioni con social network. Nell’ambito dell’E-learning si configura la formula del blended learning, ovvero una metodologia che integra attività che si svolgono in presenza e attività on line. Il presente lavoro di tesi descrive una panoramica dei temi dell’industria 4.0 e dei cambiamenti introdotti dallo smart working, analizzando il ruolo del formatore e le nuove sfide formative, con particolare attenzione all’E-learning. È stata presentata un’esperienza didattica universitaria, ovvero il master HR-specialist, come esempio di successo rappresentativo del metodo di formazione blended learning. Tale master ha l’obiettivo di formare professionisti nell’area della gestione e sviluppo delle Risorse Umane e utilizza numerosi metodi formativi: mentoring su progetti specifici, tutoring didattico in aziende leader, lezioni e workshop in presenza in “sessioni week end”, panel e web conference con testimoni privilegiati ed esperti, lezioni on line e webinar, laboratori di gruppo e on-line, gruppi di lavoro nelle aziende convenzionate, forum on line e webseminar, community on line e app dedicate, social bookmarking e social computing.


INDICE
Introduzione

1. Capitolo I
1.1 L’industria 4.0
1.2 Trasformazioni della formazione nell’industria 4.0
1.3 Lo smart working
1.3.1 I vantaggi dello smart working
1.4 Smart working e piattaforma all-in
1.5 Il ruolo del middle manager nello smart working
1.5.1 Orientamenti dei modelli formativi

2. Capitolo II
2.1 La formazione
2.2 Una nuova Skill Agenda per l’Europa
2.3 La figura professionale del formatore
2.4 Luoghi di lavoro del formatore
2.5 Le conoscenze del formatore
2.6 Le competenze del formatore
2.7 Comportamenti lavorativi del formatore
2.8 Contesti di riferimento
2.9 Formazione come valorizzazione del capitale umano

3. Capitolo III
3.1 E-learning
3.1.1 Blended learning
3.2 Un’esperienza didattica universitaria: il Master HR-specialist
3.2.1 Il fabbisogno formativo
3.2.2 Il Corso di Studio
3.2.3 Obiettivi formativi
3.2.4 Sbocchi occupazionali
3.2.5 Conoscenza e capacità di comprensione
3.2.6 Capacità di applicare conoscenza e comprensione
3.2.7 Competenze pregresse
3.2.8 Prove intermedie e finali
3.2.9 Requisiti per l’ammissione
3.2.10 Attività formativa
3.2.11 Seminari/Workshop
3.2.12 Laboratori
3.2.13 Project work
3.2.14 Attività integrative formative
3.2.15 Seminari di studio e di ricerca


4. Conclusioni
5. Bibliografia
6. Sitografia
7. Ringraziamenti

FERRI Lia

Il Coworking come inclusione sociale: il Progetto 311 di Verona


Martedì 10 Luglio 2018


Questa tesi è fondata su una ricerca empirica da me condotta sulla mutazione dei contesti lavorativi; in particolare, recandomi a Verona, ho potuto osservare uno spazio attivo di coworking: lo spazio 311. Gli strumenti utilizzati per la ricerca sono stati: del materiare teorico composto da testi ed articoli riguardanti le mutazioni dei contesti sociali e lavorativi odierni, un’intervista semistrutturata somministrata in presenza al presidente della Fondazione Edulife (fondazione da cui nasce il progetto) e del materiale di ricerca fornitomi da quest’ultimo. La tesi è suddivisa in tre capitoli. Il primo, prettamente teorico, descrive i mutamenti storici odierni e gli scenari lavorativi emergenti, analizzando in particolar modo le sharing economy, il crowdfunding e il coworking; tutto questo sotto una chiave di lettura sociologica e pedagogica. Il secondo capitolo è di ricerca: è stata riportata l’intervista somministrata al Presidente, successivamente viene investigato il contorno del progetto 311, in primo luogo la fondazione Edulife dalla quale nasce il Progetto 311 e tutti i progetti ad essa connessi, i risultati e gli obiettivi che lo spazio di coworking 311 si è impegnato a raggiungere. Infine il terzo ed ultimo capitolo vuole racchiudere il senso di tutta la tesi descrivendo il “ciclo del valore” e la “ catena del valore”, due metodologie nate dall’idea e da anni di lavoro, per rimarcare la sfera socio-pedagogica che dovrebbe emergere anche nei contesti lavorativi oltre che nei contesti di insegnamento-apprendimento.


INDICE
Introduzione


PARTE 1 CONTESTO DI RIFERIMENTO
Capitolo1: i mutamenti storici e gli scenari emergenti
1.1 Il “ciclone” del cambiamento
1.2 Le conseguenze sociali e lavorative
1.3 Nascita dei nuovi contesti lavorativi
Sharing economy
Crowdfunding
Coworking

PARTE 2: RICERCA EMPIRICA
Capitolo 2: La fondazione Edulife
2.1 nascita di una fondazione centrata sull‟apprendimento
2.2 Incontro con il presidente della fondazione
2.3 spazio di coworking: progetto 311
2.4 Progetti della fondazione e la Dimensione economica

Capitolo 3: La catena del valore


Conclusione
Bibliografia
Sitografia
Ringraziamenti

PALKA Pamela

L'educazione prescolare, preparazione e la figura dei maestri: l'esempio del Reggio Emilia Approach


Lunedì 23 Luglio 2018


Nel seguente lavoro viene analizzata la figura del maestro, o dell’educatore, e della loro evoluzione attraverso un excursus storico, partendo dalla formazione dei primi luoghi di custodia per le fasce di età prescolare agli inizi dell’800, fino alla situazione attuale delle, cosiddette, scuole dell’infanzie e nei nidi. Si sono affermate queste figure “nuove”, che presentano caratteristiche ed elementi, che prima della legge del ’69 – per le scuole materne – e quella del ’71 – per le scuole dell’infanzia – mai vennero definite in maniera chiara, descrivendone scopi e formazione. Naturalmente, prima della seconda metà del 900, vi furono pedagogisti e personaggi affascinanti da questo mondo che cercarono di dare delle linee guida non solo per un’educazione improntata su bambini della fascia 0-6, ma cercando di definire anche modi, tecniche, maniere, comportamenti e atteggiamenti degli educatori stessi, anche se professionalmente parlando, quella dell’educatore o del maestro, non era ancora considerata a tutti gli effetti una professione. Il suo percorso, il suo sviluppo e la presa di coscienza dell’importanza di questa figura ne ha messo di tempo per emergere e prendere piede, basti pensare come solo alla fine degli anni ’90 venne, finalmente, ufficialmente aperto il percorso di studi universitario per la formazione degli educatori, anche se subirà continue variazioni, a causa di una politica che più che pensare a una riforma chiara, concisa e a favore di coloro che la “vivono”, si fonda semplicemente su elementi teorici.
A distaccarsi dal percorso che la figura dell’educatore intraprese in Italia, vi fu una piccola città del Nord, Reggio Emilia, con la fine della seconda guerra mondiale sentì il bisogno di rinnovamento, in ambito educativo, e non solo, per la fascia scolastica 0-6. Questo luogo fu investito da una forte aria di cambiamento, perché a mano a mano vennero aperte scuole in cui vi sono importanti e innovativi elementi che portarono le scuole di reggiane a essere, negli anni nostri, le scuole più ammirate al mondo, in cui, addirittura, iniziarono a partire dagli anni ’90 a venire da altri continenti per studiare, formarsi e toccare con mano questi ambienti che fin da subito, ovvero dagli anni ’60, hanno mostrato una forte carica innovativa e all’avanguardia. Stiamo parlando di luoghi con strutture architettoniche ampie, luminose, con luoghi e spazi non presenti nelle scuole “normali” – come ad esempio l’atelier –, educatori e/o maestri formati, che presentano una formazione continua e permanente, che collaborano quotidianamente con pedagogisti delle strutture, atelieristi, ma anche con le stesse famiglie e con i bambini con cui vivono la scuola; perché la scuola, a Reggio Emilia, è una scuola – comunità, una continuazione o, anche, una preparazione a quello che vi è fuori. A Reggio Emilia si parla, dunque di pedagogia relazionale, pedagogia dell’ascolto, di una pedagogia che deve essere strettamente legata anche all’architettura, perché chi meglio può aiutare a progettare e costruire le scuole se non chi le vive quotidianamente?
Quello che ci troviamo oggi davanti è merito anche di una figura di spicco in questo campo che a lungo ha portato avanti questa filosofia educativa, che mai ha definito metodo per non permettere alle scuole reggiane di rimanere statiche ed esterne al mondo circostante: Loris Malaguzzi. Sarà grazie a lui, alla sua determinazione e testardaggine, che le scuole reggiano avranno la possibilità di svilupparsi e, successivamente, farsi conoscere.
Purtroppo, come ogni mestiere e/o professione, anche quella dei maestri e dell’educatore sono spesso colpiti da quelle che vengono definite “malattie professionali” che, da come si evince dal dossier e ricerca “Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano” del prof. Lodolo, portata avanti tra gennaio 92 e dicembre 2001, rappresentano soprattutto malattie a livello psicologico. Il Burnout, una di queste, è quella che si rivela la sindrome che più colpisce le figure il cui scopo è di attenzione e cura verso l’altro. Ma quale possono essere le misure di prevenzione e cura? Ed il Reggio Emilia Approach può essere un esempio per attenuare l’insorgere di questi malesseri?
Attraverso le caratteristiche dell’approccio reggiano, dall’ascolto, al continuo e quotidiano confronto, alla pedagogia collegata all’architettura, che rappresentano gli elementi fondamentali di quella che possiamo definire come la pedagogia relazionale della scuola comunale di Reggio Emilia, rappresentano nel complesso un esempio di filosofia educativa che, essendo aperta al dialogo, può assumere i connotati di un esempio di prevenzione, o comunque, di attenuazione di queste che sono definite come “malattie professionali”.


INDICE
Introduzione

CAPITOLO PRIMO - EXCURSUS STORICO DELLE ISTITUZIONI PRESCOLARI E DELLA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI IN ITALIA, DALL’UNITÀ D’ITALIA ALLA NASCITA DELLA SCUOLA MATERNA STATALE
1.1 Panorama Pedagogico in Europa nell’800: gli albori della pedagogia scientifica
1.2 I Giardini d’infanzia
1.3 L’Italia preunitaria e l’educazione
1.4 L’Italia post-unitaria e le leggi in campo educativo, fino al Novecento
1.4.1 La legge Casati
1.4.2 Il positivismo ed il positivismo pedagogico in Italia
1.5 Dewey, l’attivismo pedagogico e le scuole nuove europee della prima metà del Novecento
1.5.1 Le Nuove Scuole Europee
1.5.1.1 Baden Powell e lo scoutismo
1.5.1.2 Ovide Delacroly e la nuova educazione belga
1.5.1.3 Cleparède e la scuola “su misura”
1.5.1.4 Jean Piaget e gli stadi mentali dello sviluppo mentale
1.5.2 La Nuova Scuola in Italia: Maria Montessori
1.6 La scuola italiana: dall’idealismo al fascismo
1.7 Il dopo guerra e la nascita della scuola prescolare: la materna

CAPITOLO SECONDO - IL REGGIO EMILIA APPROACH: UN METODO TUTTO ITALIANO
2.1 Normativa in materia di scuola materna, e scuola dell’infanzia, dal 1968 ad oggi, e la formazione degli educatori
2.2 Il Reggio Emilia Approach
2.2.1 Il contesto storico
2.2.2 Loris Malaguzzi e la sua filosofia educativa
2.2.3 La figura dell’educatore e la linea educativa
2.2.3.1 Per una pedagogia relazionale
2.2.3.2 Gli insegnanti e il lavoro collegiale
2.2.3.3 L’ascolto: insegnanti e bambino come ascoltatori
2.2.3.4 Il ruolo dell’insegnante nelle scuole reggiane
2.2.3.5 L’insegnante osservatore
2.2.3.6 L’atelier: la nascita e la sua funzione
2.2.4 L’ambiente delle scuole reggiane
2.2.5 La comunità accogliente

CAPITOLO TERZO - RISCHI E PREVENZIONE PER LA FIGURA PROFESSIONALE DELL’EDUCATORE
3.1 Le malattie professionali dell’insegnante e la ricerca “Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano”
3.2 La Sindrome del Burnout
3.3 La prevenzione attraverso la supervisione
3.4 Il ruolo del pedagogista nel Reggio Emilia Approach
3.5 Il Reggio Emilia Approach come possibile via maestra nella prevenzione delle malattie professionali dell’educatore e degli insegnanti


Conclusioni
Ringraziamenti
Bibliografia