Progetto PRIN "La qualità nell'Alta Formazione"

Progetto PRIN "La qualità nell'Alta Formazione"

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DURATA:
Gennaio 2006 - Gennaio 2008

Il termine “alta formazione” non può più fare rimando all’idea di supporto al soddisfacimento di bisogni in qualche modo identificati e visibili in ogni singolo comparto, ma deve connotarsi come fattore di consapevolizzazione circa la possibilità di identificare in anticipo obiettivi da raggiungere ed aree di bisogni diversificati da soddisfare. Per comprendere gli spazi di potenzialità e l’urgenza di far fronte al miglioramento complessivo della tenuta del capitale umano attraverso la leva formativa nello scenario complessivo del paese, occorre riflettere sui dati relativi al posizionamento nello scenario europeo (cfr., ad esempio, il Quadro di valutazione dell’innovazione in Europa come strumento di verifica annuale della strategia varata nel Consiglio europeo di Lisbona).
Le “nuove questioni” che riguardano l’alta formazione come categoria di riflessione teoretica nascono dai cambiamenti profondi che stanno vivendo le società occidentali, e si focalizza su alcune questioni chiave, dalle nuove forme di lavoro nei settori della net economy, al ruolo dei new media nella formazione.
All’idea del “circolo virtuoso tra apprendimento, formazione e lavoro”, si collega l’idea di “società della conoscenza”.
Il paradigma della “società della conoscenza”, l’affermarsi di processi di divisione del lavoro orientati da logiche proprie del post-fordismo e gli scenari della post-modernità sono i tre assi che – nella loro complessità ed interdipendenza – proiettano nuove significazioni dell’universo di discorso dell’alta formazione.
Il concetto di società della conoscenza è stato ripensato con sistematicità e coerenza, ma anche rilanciato come “visione del mondo” dei paesi europei su cui si trattava di pilotare gli obiettivi di sviluppo.I cittadini europei sono 455 milioni e rappresentano il 7% dell’umanità, vivono nel più grande mercato unico del mondo. A Lisbona, nel marzo 2000, in occasione del Summit – in continuità con altre tappe importanti di un percorso di elaborazione progressiva – sono stati definiti una serie di indirizzi basilari per le politiche dei paesi membri che successivamente sono stati tradotti in un documento più pragmatico ad effettivo uso di coloro che per professione si occupano di educazione e formazione, il Memorandum. Per la prima volta, dunque, nel documento di Lisbona il consiglio ha posto in termini chiari e decisi il problema di creare le condizioni per il cammino verso una società della conoscenza, nella duplice valenza di investimento nella crescita dell’informatizzazione di massa e un’equa “riequilibratura” delle opportunità di formazione per tutte le categorie sociali.
L’impegno nel documento di Lisbona per la facilitazione dell’accesso ai sistemi di conoscenza si è articolato – come ormai è stato ripetuto ad abundantiam in tanta parte della letteratura pedagogica e sociologica degli ultimi anni – su due fondamentali dimensioni che sono sottolineate in modo chiaro, l’occupabilità e l’inclusione, intese come ampliamento delle opportunità per tutte le categorie di soggetti.
Il rapporto “e Europe” ha evidenziato infatti un’esigenza fra tutte: quella di “aumentare gli investimenti pro capite in risorse umane”. In questo documento, inoltre, si giunge ad elaborare la proposta di «trasformare scuole e centri di formazione, tutti collegati a Internet, in centri locali di apprendimento plurifunzionali accessibili a tutti e di stabilire partenariati tra scuole, centri di formazione, aziende e strutture di ricerca».
Coerentemente all’agenda di Lisbona, si è sviluppata con successive revisioni ed adattamenti anche la Strategia europea per l’occupazione che ha consentito l’avvio nei singoli paesi membri di linee di programmazione economica e redazione di piani per l’occupazione e l’inclusione sociale, per facilitare l’interazione tra le strategie occupazionali ed i piani di sviluppo e di sostegno finanziario per la formazione e l’alta formazione (fondo sociale e fondi strutturali).
Alla strategia di Lisbona si accompagna il cosiddetto “processo di Bologna” relativo al sistema della formazione universitaria e si collega, infine, il lento cammino della firma della Costituzione europea, siglata a Roma il 29 ottobre 2004. Il processo di Bologna, sviluppando in un’ottica di armonizzazione europea l’impianto di cicli di alta formazione aperti e flessibili che si innestano nell’idea del “life long learning” (apprendimento durante tutto l’arco della vita), favorisce l’idea dell’accesso, l’idea di una mobilità che si traduca in strumento di equità.
Al di là degli aspetti tecnici, l’elemento portante nel nuovo scenario è la possibilità che le politiche per l’occupazione si intersechino sostanzialmente con le politiche sociali, verso l’obiettivo dell’inclusione sociale, che quindi diventa una parte sostantiva della stessa idea di società della conoscenza. La governance dei processi è trasferita, grazie al metodo di coordinamento aperto – un metodo che consente ampie consultazioni delle parti interessate – agli stessi paesi membri.
L’impegno europeo a favore della diversità culturale, dell’inclusività, dello sviluppo sostenibile e della coesione sociale ha una forza intrinseca tale da apparire come il sogno vincente rispetto alle sfide che attendono l’umanità, rispetto a quel sogno americano che sembra non reggere più alla prova del tempo. Il nuovo sogno europeo è potente anche perché è una metanarrazione che suggerisce una nuova qualità della vita basata sul rispetto della terra e della multiculturalità, spianando la via per un approccio postmoderno in grado di scrivere una nuova storia.
La TAB. 1 evidenzia sette dimensioni significative che caratterizzano il tema del rapporto tra formazione e lavoro nella “società della conoscenza”. Essa presenta dimensioni strettamente correlate, ma l’elemento più interessante per chi elabora alta formazione è che le aree sottolineate nella tavola possono essere interpretate come aree di progettualità.

Sette dimensioni-chiave della società della conoscenza nell’elaborazione di Lisbona

1. Dematerializzazione dell’economia
2. Focalizzazione sugli investimenti nell’informatizzazione digitale e nella facilitazione dell’accesso alla conoscenza
3. Primato delle strategie di inclusione sociale
4. Affermazione del paradigma dell’occupabilità
5. Focus sull’integrazione tra sistemi formativi
6. Focalizzazione sui sistemi di competenze e sull’armonizzazione delle qualifiche
7. Complementarità degli apprendimenti formali ed informali per lo sviluppo delle persone.

Negli ultimi anni, non solo nel nostro paese, ma anche negli altri paesi europei, una sorta di shock esogeno si è generato nel mondo del lavoro. Questa tesi – espressa dal Rapporto Supiot – consente di evidenziare una serie di complessi mutamenti nella regolazione dei rapporti di lavoro e nella società che riguardano tre ambiti: il progressivo declino di sistemi produttivi standardizzati, l’emergere di sistemi di carattere eterogeneo e a rete, il consolidarsi di economie centrate sul dominio dell’informazione e della conoscenza.
È aumentata la complessità degli scenari di lavoro rispetto a cui si rivolge l’alta formazione: ciò implica modalità diverse di porsi per i decisori, nuove sensibilità, ma soprattutto un approccio diverso di progettazione.
Per esempio, un’attenzione di tipo “territoriale” alla leva formativa. Il territorio va visto – in coerenza con una moderna visione delle dimensioni economico-sociali di tipo sistemico – come l’insieme degli elementi che su di esso insistono e delle relazioni intercorrenti tra tali elementi. L’università e le altre agenzie di alta formazione, ad esempio, deve essere un soggetto che agisce nell’assetto istituzionale che definisce ed integra tali elementi grazie allo svolgimento di compiti di formazione e di ricerca in grado di diffondere quella conoscenza che è la base dello sviluppo dei sistemi locali. I processi di accumulazione della conoscenza teorica ed applicata, di creazione del capitale umano, di diffusione e trasferimento dell’innovazione tecnologica (spin-off) e di apprendimento collettivo hanno infatti un carattere che si coniuga secondo dimensioni che hanno una specificità di tipo territoriale.
Il territorio è anche Pubblica Amministrazione centrale e locale e, come si legge nel secondo Memorandum, «la politica regionale di coesione comunitaria deve ulteriormente rafforzare il sostegno ai processi di modernizzazione delle istituzioni pubbliche. Il conseguimento di tale obiettivo assume rinnovata importanza per i nuovi stati membri, con particolare riguardo al rafforzamento delle proprie istituzioni di governo decentrate e alla costruzione di un moderno partenariato istituzionale tra queste e lo stato centrale».
La politica regionale comunitaria 2007-13 – sia per quanto riguarda le aree arretrate, che le altre aree – deve mirare ad accrescere la competitività dei territori, a migliorare l’accessibilità e la qualità della vita, a ridurre la sottoutilizzazione delle risorse; la focalizzazione è sul capitale umano, sul capitale sociale e ambientale, sulle reti e soprattutto sull’investimento in conoscenze e capacità innovative. Ma il ruolo decisivo è affidato alla valorizzazione delle risorse umane, e in specie di quelle maggiormente qualificate, attraverso il rafforzamento dei sistemi di alta formazione e della ricerca scientifica che – coniugata a servizi di qualità, a strumenti di flessibilità e sviluppo di pari opportunità – può concorrere a realizzare la strategia europea per l’occupazione ed il processo europeo di inclusione sociale.
Anche il sistema universitari deve impegnarsi nel prossimo futuro per attivare, promuovere o consolidare reti formative tra i soggetti attori del sistema locale, incrementando il patrimonio cognitivo già sviluppatosi e catalizzando nuove risorse, nella comune convinzione che l’apertura al contesto territoriale sia uno strumento per valorizzare il ruolo del sistema formativo come risorsa strategica per lo sviluppo del paese.

Unità di Ricerca Roma TRE

GRUPPO DI RICERCA

Prof.ssa Giuditta ALESSANDRINI (Responsabile Scientifico - Università degli Studi Roma TRE)
Prof. Massimiliano FIORUCCI (Università degli Studi Roma TRE)
Dott. Franco BRUNI (MIUR)
Dott. Corrado DELL'OLIO (Università degli Studi Roma TRE)
Dott.ssa Antonella ISOPI (Università degli Studi Roma TRE)
Dott. Claudio PIGNALBERI (Università degli Studi Roma TRE)
Dott. Roberto PALMA (Università degli Studi Roma TRE)
Dott. Stefano VOLPI (ISFOL)


LE FASI

Prima fase:
a) Analisi della letteratura nazionale ed internazionale sull'argomento;
b) ricognizione di esperienze e buone pratiche realizzate in ambito nazionale ed internazionale.

Seconda Fase:
a) Individuazione dei profili professionalizzanti (in ingresso ed in uscita) sulla scorta della messa a fuoco delle conoscenze e delle competenze che dovranno essere acquisite nell'ambito di un percorso di alta formazione alla ricerca, al trasferimento ed all'innovazione.
b) Ricognizione di modelli e di metodologie adeguati alla progettazione, alla realizzazione ed alla valutazione degli impianti, dei processi e delle azioni formative.
c) Progettazione di un prototipo di curricolo di alta formazione alla ricerca, al trasferimento ed all'innovazione da sperimentare all'interno di un corso di dottorato di ricerca o di un altro contesto di alta formazione scientifica corredato da un adeguato dispositivo di autovalutazione/valutazione.

Terza Fase:
Sperimentazione. Implementazione e valutazione del modello.

Quarta Fase:
b) Analisi dei dati e valutazione della ricerca
c) Disseminazione e trasferimento dei dati.